PANE AL GRANO SARACENO CON NOCI E SEMI DI LINO
- chefdulcamara
- 2 giu 2014
- Tempo di lettura: 10 min
Sempre in tema di utilizzo di ingredienti che vogliamo eliminare dalla dispensa o comunque riassortire prima dell'estate (v. ricetta precedente), vi propongo questo pane ricco di Omega 3, uno degli elementi nutritivi che più facilmente trascuriamo nella nostra dieta.
Ci sono studi recenti, pubblicati su riviste mediche di livello internazionale, che mostrano come la dieta dal secondo dopoguerra ad oggi sia andata sempre più sbilanciandosi verso gli Omega 6, abbondantemente presenti negli oli vegetali, soprattutto palma, soia, mais e girasole, che sono andati a sostituire i grassi animali nella panificazione industriale, ma che si trovano in quantità apprezzabile anche nel latte e nelle uova ottenute con l'allevamento industriale, in cui gli animali invece di una dieta naturale e varia sono alimentati con mais e soia, ricchi appunto di Omega 6. Per contro il latte da animali allevati al pascolo e le uova di galline ruspanti contengono buone quantità di Omega 3 – una cosa che fa davvero riflettere su come la nostra alimentazione sia radicalmente cambiata da quando l'industria si è appropriata del ciclo produttivo.
Gli Omega 6 sono anch'essi necessari al nostro organismo; ma troppi Omega 6 (gli studi indicano che negli Stati Uniti il rapporto Omega 6 : Omega 3 sia tra 10:1 e 12:1 invece degli ottimali 4:1) provocano un ispessimento del sangue e un peggioramento della circolazione e in particolar modo della microcircolazione, con problemi alla rigenerazione dei tessuti e un aumento del rischio di infarto e potenzialmente di altre gravi patologie. In particolare è stato accertato un rapporto tra la carenza (anche relativa) di Omega 3 e la degenerazione maculare della retina, una patologia che sta conoscendo una grande diffusione tra gli anziani ma non solo, la cui cura è costosa e complessa, e che nel tempo provoca la cecità.
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Sono pochi gli alimenti ricchi di Omega 3; a parte notoriamente il pesce azzurro, che però andrebbe consumato con la pelle e non a filetti – no, il tonno in scatola non vi aiuta, né il carpaccio di branzino, e tantomeno il filetto di merluzzo – e il latte crudo da mucche brade o le uova da galline allevate all'aperto (non “a terra” ma all'aperto, libere di nutrirsi di insetti e piante spontanee), ci sono fonti vegetali ma generalmente poco appetibili o di difficile utilizzo. Tra queste i semi di lino (va bene anche l'olio, purché conservato al buio, ma diciamo la verità: puzza un po' di pesce e non è il massimo), i più esotici semi di chia, e le nostranissime noci. In molti casi però occorre qualche trucco per rendere biodisponibili gli Omega 3; ed è proprio quello che scopriremo con questa ricetta.
Sono partita anche in questo caso da una ricetta di Antonella Scialdone dal suo libro La Pasta Madre, che consiglio per le tante idee preziose, la facile esecuzione e la sicura riuscita. Di mio ci ho messo, appunto, il mio lavoro sugli Omega 3, sui quali ho lavorato molto lo scorso anno, per ragioni legate alla salute di un mio familiare. Ho anche modificato la tecnica di cottura secondo le mie preferenze.
Ho preparato questo pane sia con farina 2 (se non l'avete va bene anche la farina 0) che con farina integrale, ed è venuto sempre benissimo. Curiosamente però è risultato più scuro con la farina 2 che con la farina integrale; nella seconda versione ha ovviamente lievitato un po' meno e più in fretta, e il gusto mi è sembrato un po' meno soddisfacente. Ho provato anche ad aumentare l'idratazione del 10%, lavorando di slap and fold perché con il saraceno si fa presto ad avere un impasto appiccicoso, e sono rimasta molto soddisfatta del risultato – se preferite quindi, aumentate anche voi la dose d'acqua a vostro piacimento (ma ai principianti assoluti consiglio di attenersi scrupolosamente alle indicazioni).
Un'indicazione per i principianti che ho dimenticato di inserire nella ricetta precedente: è meglio partire con la lavorazione verso metà mattina in modo da infornare la sera dopo cena, ricavando qualche ora libera durante i passaggi più lunghi. Sconsiglio di mettere su il pane la sera perché sareste costretti a restare in piedi tutta la notte.
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Ingredienti per un filone di pane da 1 kg:
170 g di pasta madre solida rinfrescata la sera prima e tenuta in frigo fino al momento dell'utilizzo
315 g di farina di grano tenero tipo 0, tipo 2 oppure integrale
(io uso farine ECOR bio)
200 g di farina integrale di grano saraceno
50 g gherigli di noce spezzettati
15 g semi di lino
15 g di burro
(circa una noce)
(va bene anche il burro veg, ma v. Nota tecnica 1 in fondo alla ricetta)
12 g di sale
(circa due cucchiaini)
6 g di malto liquido
(circa un cucchiaino: per eventuale sostituzione di questo ingrediente v. Nota tecnica 2 in fondo alla ricetta)
310 g d'acqua
Procedimento:
1/ Mettere i semi di lino in ammollo in 20 grammi d'acqua ricavati dal totale della ricetta, se possibile almeno un'ora prima: questa operazione è fondamentale per rendere biodisponibili le sostanze nutritive contenute nei semi di lino, inclusi i preziosi Omega 3. La scorza dei semi di lino non viene digerita dal nostro organismo, e senza questa operazione i semi passano intatti attraverso il nostro organismo: se vedete in giro dei pani con dei bei semi di lino dentro o sopra, be', sono molto decorativi ma fate pure conto di non averli mangiati!
2/ Una volta che l'ammollo del lino è già a metà, spezzettare la pasta madre in una capiente terrina e versarvi la restante acqua a temperatura ambiente; sciogliere bene la pasta madre, aiutandosi con una mano o una forchetta. Scialdone e molti altri usano acqua tiepida; io lavoro a temperatura ambiente, con lievito madre appena estratto dal frigo, con una transizione più graduale, perché il mio maestro mi ha insegnato a diffidare degli sbalzi di temperatura drastici. Vi assicuro che i tempi di lavorazione non cambiano; tra l'altro per un principiante è facile sbagliare e usare acqua troppo calda invece dell'acqua tiepida
3/ Unire le farine e il malto e mescolare
4/ Lasciare in autolisi (mettendo a riposare nella ciotola coperta con un canovaccio, a temperatura ambiente) per 30 minuti; nel frattempo anche i semi di lino resteranno in macerazione, rilasciando una caratteristica mucillagine.
5/ Durante l'autolisi potremo sgusciare le noci e ricavare la quantità necessaria di gherigli, che spezzetteremo con le mani. A proposito delle noci, vedi Nota tecnica 3
6/ Al termine dell'autolisi, trasferire l'impasto sulla spianatoia e, sempre impastando, unire in quest'ordine: semi di lino, sale, gherigli e la noce di burro ben ammorbidita (fate caso a come reagisce l'impasto all'aggiunta del burro: è interessante – questa operazione in inglese viene detta “shortening” – letteralmente “accorciamento”, “riduzione”, un termine che allude alla sua funzione legante: sentirete come cambia l'impasto sotto le mani!) Questa lavorazione deve durare per 10, massimo 12 minuti totali, finché l'impasto è liscio e omogeneo: una lavorazione lunga non è indicata perché il grano saraceno, che non contiene glutine, tende a diventare molto appiccicoso (sono le molecole di amido che via via scoppiano a contatto con l'acqua e per la pressione delle nostre mani). Con questo tipo di impasto, a basso contenuto di glutine, otterremo un pane molto morbido, con una crosta piuttosto sottile e un'alveolatura fine, non molto estesa – il sapore sarà squisito e complesso, e la combinazione di grano saraceno e semi di lino conferirà al pane un bel color cioccolato, simile a quello del pane di segale tedesco
7/ Formare una palla e metterla per 3 ore a riposare in ciotola coperta da un canovaccio, lontano da correnti d'aria, per esempio nel forno spento. Nelle giornate fredde la lievitazione si può aiutare mettendo la ciotola nel forno spento ma con la luce accesa, non però se avete un forno come il mio in cui parte automaticamente la ventola: io d'inverno accendo il forno a circa 28°C, cioè a occhio poco più di metà della tacca dei 50°C, per 10 minuti e poi spengo; se necessario, nelle giornate molto fredde, ripeto l'operazione. D'estate non ce n'è bisogno
6/ Dopo 3 ore di lievitazione, sgonfiare l'impasto in modo da ottenere un rettangolo e procedere con un solo giro di pieghe a tre, cioè due sequenze di pieghe perpendicolari l'una all'altra (come vedete in questo video)
7/ Al termine dell'operazione arrotondare un pochino l'impasto e metterlo a lievitare in ciotola, come prima, per 1 ora
8/ Dopo 1 ora riprendere l'impasto, pirlarlo come si vede nello stesso video a partire da 3:40 e, se si ha a disposizione un cestino ovale, dargli la forma di un filone ovale; altrimenti dargli una forma tonda se si dispone solo di un colapasta (v. punto 9 qui sotto)
9/ Mettere a lievitare in un cestino di vimini ovale coperto da un canovaccio ben infarinato. Io, pensate, utilizzo uno di quei cesti in ceramica che regalava il Mulino Bianco negli anni '80 (la dimensione è quella giusta, ed è anche un giusto contrappasso, direi!!). Se non l'avete, al posto del cestino va bene un colapasta (l'impasto deve respirare, quindi occorre un contenitore forato). Dopo aver deposto l'impasto sul canovaccio, ripiegare morbidamente gli angoli sopra di esso in modo da coprirlo completamente e rimettete in forno spento a lievitare con i criteri già descritti
10/ Dopo 3 ore o comunque quando l'impasto supererà la “prova ditata”, saremo pronti per infornare. La prova ditata funziona così: se date una ditata sull'impasto e in pochi secondi il buco scompare, l'impasto è pronto per essere infornato; se resta l'impronta, vuol dire che il pane ha già lievitato troppo e sarà un po' acido; se invece l'impronta non si forma, deve lievitare ancora
11/ Preriscaldate il forno a 200°C
12/ Mentre il forno va in temperatura, spolverate una teglia da forno (meglio ancora se avete una pietra refrattaria) con abbondante farina; aprite il canovaccio, poggiate il bordo del cestino o del colapasta sulla superficie della teglia e ribaltatevi sopra la pagnotta, velocemente ma con una certa delicatezza per non sgonfiarla (la leccarda da forno può andare bene urché la si rivesta di cartaforno per diminuirne la convezione, ma io preferisco la teglia in alluminio che, mi raccomando, non va lavata se possibile, ma solo pulita con uno strofinaccio o un po' di carta da cucina dopo l'utilizzo
13/ Con un bisturi, un cutter o una lametta da barba (i comuni coltelli non sono abbastanza affilati e tendono a strappare l'impasto) praticate dei tagli sulla superficie: potete ispirarvi a quelli che ho fatto io oppure improvvisare; va bene anche un unico taglio longitudinale purché sia profondo almeno 2 cm
14/ Spruzzare un po' d'acqua sulle pareti del forno con uno spruzzino, infornare e cuocere a 200°C per circa 40-45 minuti (dipende dal forno); dopo 20 minuti totali di cottura, socchiudere lo sportello del forno (circa 1 cm, per 1 minuto) per far uscire il vapore in eccesso
15/ Sfornare e mettere a raffreddare su una griglia (se non avete altro, tirate fuori la griglia del forno e usate quella)
Questo pane è morbidissimo, e se gestite correttamente il vapore avrà anche una bella crosta croccante; una volta che è completamente raffreddato, si può conservare in un sacchetto da pane (molti di quelli in commercio purtroppo non sono sacchetti totalmente impermeabili all'aria e quindi la soluzione migliore è di mettere il pane in un sacchetto di carta e poi in un sacchetto di plastica: il secondo impedisce che il pane ceda umidità ma almeno la plastica non è a contatto; mi raccomando che il pane sia ben raffreddato prima di insacchettare, sennò farà la muffa – nel dubbio aspettate 12 ore). Conservato correttamente durerà una settimana... se non ve lo mangiate tutto prima!
Nota tecnica 1: Il burro ha una funzione importante perché serve a legare questo impasto, a basso tenore di glutine e ad alto tenore di fibra; io quindi ne sconsiglio l'omissione. Se proprio non avete in casa né burro di latte né burro veg, usate un cucchiaio d'olio di girasole, che contiene lecitina, dalle proprietà emulsionanti (anche l'olio di mais ne contiene, seppur in misura un po' minore). Va da sé che, come spiegato nell'introduzione, l'olio di girasole o di mais o altro olio vegetale contengono Omega 6 e quindi vanno a contraddire alcune delle premesse nutrizionali di questo pane.
Nota tecnica 2: Non tutti hanno a disposizione del malto in casa – se volete panificare seriamente io vi consiglio di procurarvelo. Ottimale sarebbe il malto in polvere, ma costa un occhio della testa ed è di difficile reperimento, perciò in questa ricetta vi propongo il malto liquido (d'orzo o di riso – meglio il primo – in vendita nei negozi di alimenti naturali): si può comprare a grossi barilotti che durano per mesi e mesi. La funzione del malto è molteplice: l'orzo contiene degli enzimi che incoraggiano l'autolisi delle farine, cioè rendono più digeribile il pane; anche il malto di riso contiene una parte di malto d'orzo, in modo da preservarne gli enzimi (ed è per questo che non è indicato per i celiaci). Per capire quanto è importante l'orzo nella corretta fermentazione dei cereali, pensate solo alla funzione fondamentale del malto nella produzione della birra!
Ma in panificazione, il malto ha anche un'altra funzione: per via della sua struttura molecolare, aiutano la formazione della crosta del pane; non così il saccarosio. Scialdone usa il miele nella sua ricetta, che è un discreto sostituto perché contiene destrosio che ha una struttura molecolare simile a quella del maltosio e quindi incoraggia la formazione della crosta, anche se non contiene gli stessi preziosi enzimi del malto d'orzo. In casa nostra però l'uso del miele in panificazione non è gradito, per via del sapore marcato che rimane nell'impasto (sarà forse che abbiamo in casa solo dei mieli bio artigianali profumatissimi). Se non avete malto né miele in casa, potete usare dello zucchero di canna, che servirà però soltanto per migliorare il sapore del pane e per accelerare un po' la lievitazione, aiutando il lavoro dei batteri (consigliato comunque perché aumenterà anche un po' la digeribilità del pane); lo zucchero di canna o il comune saccarosio non assisteranno però la formazione della crosta.
Nota tecnica 3: Le noci sono una delle migliori fonti naturali di Omega 3 e anche di zinco, antiossidante, protettore del sistema immunitario e stimolatore del testosterone (più importante per gli uomini quindi che per le donne, ma necessario per entrambi). Tuttavia le noci crude contengono enzimi che bloccano l'assorbimento delle sostanze nutritive; in questa ricetta le noci passano in forno e quindi non avremo problemi, ma se le utilizzate “a crudo” (penso al sugo di noci per esempio, tradizionale qui in Liguria) ricordatevi di sbollentarle per 1 minuto oppure di tostarle brevemente, altrimenti ne perderete i benefici nutrizionali (è una balla che gli alimenti crudi siano sempre e comunque meglio di quelli cotti: prima o poi scriverò un approfondimento teorico su questo argomento; fra enzimi che ostacolano l'assimilazione e tossine vegetali, gli alimenti vegetali per i quali il consumo crudo non è consigliato sono più di quelli che si pensa)
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